Mangragola di Macchiavelli


Per chi non avesse voglia di leggerla ecco una breve relazione:

TITOLO: per “mandragola” o “mandragora” si intende una pianta medicinale, a cui si attribuivano virtù miracolose durante il Medioevo, a partire dalla strana forma della radice, che presenta quasi un piccolo corpo umano stilizzato. “ Non è cosa più certa a ingravidare una donna, che dargli bere una pozione fatta di mandragola”.



TIPOLOGIA TESTUALE: si tratta di un’opera teatrale basata su una spietata e realistica indagine della natura umana e della corruzione della società, che decreta il naufragio della morale tradizionale e familiare. Anche Machiavelli ci fornisce una possibile definizione dell’opera nel Prologo, dicendo che si tratta di una “favola”, ma in realtà questa è una commedia molto particolare ed originale. Infatti la “Mandragola” rappresenta una parodia caricaturiale del pensiero serio, scaturendo un effetto comico, ma allo stesso tempo doloroso e aspro; il riso al quale si è mossi non ha una funzione liberatoria, ma è serio e fa riflettere. Questa “favola” è una “tragedia dissimulata nelle forme della commedia”, poiché nasce da uno stato d’animo vendicativo dell’autore, come emerge dal prologo in cui si scaglia contro i maldicenti. Tuttavia, pur trattandosi di una commedia, essa presenta gli stessi contenuti della grande opera tragica del Machiavelli: il “ Principe”.



NARRATORE: in questa commedia non vi è un narratore, in quanto prevalgono le parti sceniche, dialogate, nelle quali ogni personaggio si presenta, si racconta, riflette, e mancano, invece, parti narrate. Vi è però l’eccezione del Prologo, nel quale emerge la voce narrante del Machiavelli in occasione della presentazione della sua “favola”, venendo così a contatto con il pubblico, rivolgendosi in particolar modo alle spettatrici. In questo modo l’autore introduce subito il clima di rapporto stretto, quasi di collaborazione, tra il pubblico e il palcoscenico, come nell’antichità, nei primi sviluppi del teatro.



SPAZIO: Già dal Prologo sappiamo che le vicende si svolgono a Firenze. Più in particolare i luoghi interni dove avvengono molti dialoghi sono: la casa di Callimaco, quella di Nicia e la chiesa dove confessa Fra’ Timoteo, anche se non si ha nessuna descrizione dell’ambiente, né alcuna indicazione del luogo all’inizio di ogni scena. L’ambiente non si sposta mai da Firenze, a causa del carattere di Nicia: “non uso a perdere la Cupola di veduta”; egli infatti si rifiuta di portare la moglie ai Bagni della Porretta, dove Callimaco inizialmente aveva pensato di mettere in atto il suo piano.



TEMPO: sappiamo, anche se non è ben esplicitato, che le vicende si svolgono nel primo Cinquecento. Un indizio emerge da una donna confessata da Fra’ Timoteo, la quale prova grande paura di uno sbarco o invasione dei Turchi, dopo la caduta di Costantinopoli e soprattutto dopo il saccheggio di Otranto del 1480. Un altro elemento che ci fa arrivare a questa conclusione è la presenza della sifilide, che proprio in questi anni si sta diffondendo in Italia. Per quanto riguarda la durata delle vicende possiamo dedurre qualche giorno, giusto il tempo per elaborare il piano, la beffa e metterli in atto.



PERSONAGGI: tutti i personaggi della commedia sono tipicamente machiavellici. In nessuno di essi la componente buffonesca prevale, ma emerge in ognuno di loro la coerenza del rapporto che ciascuno di essi intrattiene con la propria “essenza” e con il mondo con il quale si trova ad agire, ogni loro caratteristica è studiata in modo analitico dall’autore, niente è lasciato al caso o all’immaginazione. Si tratta di una commedia anomala anche perché i personaggi non sono buffoneschi nel senso proprio di questo termine. Non vi è in essi alcun elemento casuale, scomposto: ogni atteggiamento, ogni azione, è predisposta minuziosamente dall’autore, in modo da seguire una certa coerenza nei confronti della propria personalità interiore e del loro rapporto col mondo. Anche i nomi non sono scelti a caso: un nome di derivazione greca accompagnato ad un cognome toscano sottolinea l’unione della classicità con la modernità.

CALLIMACO: è sagace e consapevole della propria condizione, ma preda dell’irrazionale passione per Lucrezia, nata come scommessa a Parigi con Camillo Calfucci sulla bellezza delle italiane nei confronti delle francesi , alimentata dalla volontà di vincere la vittima, il marito Nicia, con la propria astuzia. Rappresenta l’amante meschino, dotato però anche di una profonda intelligenza, con cui analizza tutte le difficoltà della vicenda, abituato a studiare tutti gli elementi pro e contro di ogni evento.

LIGURIO: è lo stratega, l’aiutante di Callimaco, il suo parassita, senza il quale il personaggio principale non avrebbe sicuramente ottenuto quei risultasti. Nulla si sa del passato di Ligurio, a differenza di Callimaco, Nicia e Fra’ Timoteo. Rappresenta la razionalità e la consapevolezza della malvagità per antonomasia. È il vero organizzatore di tutto, e anche il più attivo e accorto, infine abile nella capacità di persuasione.

TIMOTEO: è l’unico personaggio la cui entrata è preparata, e del quale in un dialogo con una donna si rappresentano i caratteri ambigui. È il frate corrotto, equivoco, senza scrupoli, cinico. In un passo dell’atto III, 2 viene messa in scena la sua malizia quando persuade Lucrezia. È ambiguo perché passa da un atteggiamento all’altro, da solenne ad avido ed ipocrita.

LUCREZIA: ciò che lega il personaggio al marito, Nicia, non è l’amore, ma la fede coniugale. Quando Nicia viene ad essere minacciato dalle pressioni del confessore e della madre di lei Sostrata, il personaggio più superficiale, Lucrezia cerca di difendersi ma alla fine soccombe, quasi stordita da quegli interventi incalzanti. Nel V atto appare cambiata: giacere con Callimaco ha mutato la sua virtù coniugale nella capacità di ingannare, pur essendo stata lei ingannata. Alla fine è vittoriosa e riesce a dominare gli eventi. Dalla congiura contro di lei sono sorti i diritti legati alla sua bellezza e alla sua gioventù, fino a quel momento avvilite.

NICIA: è un vecchio dottore di legge, marito di Lucrezia, ma è anche il più stolto. Il suo linguaggio spesso è incomprensibile, e ciò nasce anche dal suo carattere, avido e vile. Si esprime a proverbi, il che non sottolinea la sua saggezza, ma esaspera la sua mancanza di flessibilità mentale. Fino alla fine è ignaro della beffa, anzi si considera furbo e vincitore per avere raggiunto lo scopo di avere un figlio.



TEMATICHE:

PESSIMISMO: Già nel “Principe” è esplicitata la convinzione che il mondo sia popolato da malvagi ed ipocriti, nonché governato da personaggi senza scrupoli, disonesti. Anche nella commedia sono presenti dei caratteri volti a soddisfare gli istinti, osservati dall’implacabile ironia dell’autore. Alcuni dei personaggi che si possono far rientrare in questa tipologia sono Lucrezia, Fra’ Timoteo, Callimaco e Ligurio Ribaldo.

ALLEGORIA: secondo un tipo di interpretazione, i personaggi allegoricamente si riferiscono a dei valori o concetti precisi: Messer Nicia è collegato all’essere umano, secondo una visione negativa, Fra’ Timoteo alla religione corrotta, Sostrata alle istituzioni. Secondo un’altra visione, politica, Callimaco che strappa a Nicia Madonna Lucrezia, rappresenterebbe un Medici che priva i Soderini, importante casato fiorentino, di Firenze, con la forza e con l’inganno. Secondo questa allegoria, Ligurio sarebbe il segretario che riesce a diventare il vero e proprio padrone della città. Si tratta solamente però di supposizioni dei critici, dal momento che Machiavelli non ha mai esplicitato riferimenti precisi.

PARODIA: il riferimento riguarda il mondo politico, corrotto e degradato, proprio nell’ambito della commedia, ossia la parodia della tragedia, o politica, intesa come il genere nobile della tragedia.

CORRUZIONE DEL CLERO: il personaggio che denuncia la corruzione di coloro che, pur in un mondo malvagio, non dovrebbero comportarsi in modo spietato ed ipocrita, per il fatto di appartenere all’ordine clericale, è Nicia. Comunque viene riferito un elemento positivo alla loro funzione nel mondo, che è quella di avere una prospettiva generale del male, connaturato all’uomo.

FORTUNA: nella commedia, questo elemento stranamente non è presente: non è il caso che determina l’azione, perché i calcolatori sono i veri vincitori: è proprio Ligurio che con una meticolosità incredibile mantiene il controllo di tutta la vicenda.



STILE: lo stile di Machiavelli è estremamente naturale ed obiettivo, ed utilizza la lingua giocando, per meglio caratterizzare i personaggi: Nicia ha un linguaggio incomprensibile, Callimaco spesso pronuncia frasi latine per prevaricare il marito dell’amata, Ligurio gioca con le parole in modo equivoco, come il nome San Cucù, che in francese significa cornuto.



RITMO DELLA NARRAZIONE: il tempo della storia e il tempo del racconto coincidono, come per fabula e intreccio, essendo una rappresentazione teatrale, perciò basata su dialoghi e monologhi.



STRUTTURA: è una commedia scritta in prosa, divisa in cinque atti, preceduti da una canzone, con un’anticipazione della sua concezione pessimista della realtà, e da un Prologo in versi, in cui Machiavelli presenta i luoghi, cioè Firenze, i protagonisti, la trama e l ‘antefatto ,cioè il ritorno da Parigi di Callimaco Guadagni. Alla fine di ogni atto vi è una canzone formata da una sola stanza, con funzione di raccordo e di incuriosire il lettore grazie a delle anticipazioni. In ogni canzone il protagonista è la personificazione di Amore, richiamato con riferimenti petrarcheschi.



TRAMA: il centro delle vicende è rappresentato dalla beffa, quasi “boccaccesca”, da parte del giovane Callimaco col servo Ligurio, ai danni del vecchio e sciocco Messer Nicia, marito di Lucrezia, da cui desidera ad ogni costo un figlio. Il giovane e ricco Callimaco torna da Parigi a Firenze, attratto dalla fama della bellezza di Lucrezia, per sedurre la quale lo aiuta Ligurio, che sfrutta la buona fede del credulone Nicia, il quale è convinto che la moglie sia sterile. Fingendosi esperto di medicina, Callimaco si offre di guarire la sterilità della donna dandole una cura basata sulla somministrazione di una pozione di mandragola. Questa erba ha degli effetti mortali per chi avrebbe giaciuto con lei la prima notte dopo averla bevuta. Al che i due suggeriscono a Nicia di far giacere la moglie con uno sconosciuto e lo convincono, anche con l’aiuto di Sostrata, la madre di lei, e del corrotto Fra’ Timoteo, il suo confessore. Organizzano un rapimento durante la notte e catturano un giovane deforme che in realtà è Callimaco travestito. Quest’ultimo giace con Lucrezia e alla mattina le svela l’inganno e l’amore per lei, con la promessa di sposarla qualora Dio avesse chiamato il vecchio Nicia a sé; la giovane, meravigliata dalla differenza tra una notte col marito e una come quella appena trascorsa, accetta di buon grado dicendogli: “poiché la tua astuzia, , la stupidità di mio marito, l’ingenuità di mia madre e la malizia del mio confessore mi hanno condotta a fare quello che mai avrei per me fatto, voglio credere che tutto questo derivi dalla volontà celeste, per cui io non ho il potere di rifiutare quello che il Cielo ha voluto: perciò ti prendo per signore, padrone e guida: sii tu mio padre, mio difensore, ogni mio bene; e quello che mio marito ha voluto per una sera, voglio che sia per sempre”. Lucrezia gli consiglia di presentarsi a Messer Nicia come suo compare, così alla fine tutti ottengono ciò che volevano.

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1 commento:

Davide Casati ha detto...

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